L’impianto è composto da una centrale collegata a pozzi di estrazione e pozzi di reiniezione distanti fra loro 2 km. Il fluido estratto, che ha una temperatura di oltre 200°C, raggiunge la centrale dove cede calore per produrre energia elettrica, poi, raffreddato per la cessione di calore, viene reiniettato nel sottosuolo.
Sia i pozzi di produzione che quelli reiniezione attraversano in successione tre strati del sottosuolo: uno superficiale costituito da vulcaniti che contengono l’acqua utilizzata nelle reti potabili e irrigue; uno strato argilloso definito “aquiclude”, che secondo il progetto costituisce una copertura impermeabile, e infine penetrano nello strato al fondo, costituito dalla roccia carbonatica che contiene il fluido geotermico. Il progetto assume che non vi sia comunicazione idraulica fra gli acquiferi superficiali e l’acquifero profondo geotermico.
È un punto sul quale esprimiamo molti dubbi per due motivi. Il primo è che lo strato intermedio, presunto impermeabile, è di uno spessore molto ridotto e in alcune zone addirittura assente, il secondo è che sono presenti numerose faglie verticalizzanti (cioè piani di rottura nella roccia) che possono diventare facili vie di comunicazione fra l’acquifero geotermico profondo e gli acquiferi superficiali. L’assenza di un’efficace separazione tra i due acquiferi è dimostrata dall’affiorare spontaneo, in numerosi luoghi, di acqua solforosa, come ad esempio lungo la strada che va da Valentano al lago di Mezzano. Questo già nell’attuale stato di equilibrio indisturbato. In presenza di pressioni o depressioni causate dell’impianto geotermico molte altre faglie, ora inattive, diventerebbero vie di comunicazione.
I pozzi estrattivi dell’impianto estraggono fluido geotermico dallo strato di rocce carbonatiche creando una zona in depressione che richiama fluido dalla zona circostante, al contrario i pozzi di reiniezione creano una zona di sovrapressione che spinge i fluidi all’intorno. Il progetto sottintende che all’interno delle rocce carbonatiche avvenga un rircircolo, ossia che i fluidi reiniettati defluiscano dalla zona in sovrapressione verso la zona di depressione riscaldandosi nuovamente lungo il percorso di 2 km.
Non è certo che il ricircolo avvenga. È probabile che le numerose faglie creino, come nel campo geotermico dell’Alfina, compartimenti stagni nelle rocce carbonatiche e che, oltre a facilitare i flussi verticali, ostacolino i flussi orizzontali e il ricircolo.
Inoltre l’acqua va e viene dove trova la via più facile. Nelle vicinanze dei pozzi di estrazione la depressione richiamerà attraverso le faglie acqua dalla falda superficiale causando un consumo del quale non abbiamo bisogno; nella vicinanza della zona di reiniezione la sovrapressione farà far risalire attraverso le faglie fluido geotermico negli acquiferi superficiali, fatto gravissimo perché tale fluido contiene sostanze cancerogene fra le quali l’arsenico.
Non è ammissibile l’inquinamento e il depauperamento della preziosa risorsa di acqua dolce costituita dagli acquiferi del lago di Bolsena, del lago di Mezzano e del sistema fluviale Fiora-Olpeta. Inoltre, questi acquiferi sono tutelati come parte costitutiva dei rispettivi siti Natura 2000.
Associazione Lago di Bolsena OdV – Bolsena Lago d’Europa APS